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L'accessibilità costa troppo?

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L’accessibilità ha un costo. È indubbiamente più oneroso considerare l’accessibilità, familiarizzare con i concetti rilevanti, implementarli e testarli adeguatamente, piuttosto che ignorare completamente questi aspetti.

Da questo punto di vista, l’argomento è del tutto legittimo. Tuttavia, la vera questione è se sia moralmente accettabile prendere la decisione di rendere o meno un sito web accessibile, ad esempio alle persone con disabilità, basandosi esclusivamente su considerazioni economiche. A un certo punto, la questione si sposta dal piano tecnico a quello filosofico. Si tratta principalmente di una riflessione etica e morale, che coinvolge convinzioni personali, visione del mondo e, talvolta, esperienze dirette.

Un obbligo imminente

Chi è una persona con disabilità, oppure ha un rapporto stretto con qualcuno che lo è, sarà naturalmente più sensibile a questi temi, rispondendo con maggiore coinvolgimento rispetto a chi ritiene che l’accessibilità sia una questione distante e irrilevante nella propria vita quotidiana. Chi vede le persone con disabilità come una minoranza isolata e senza impatto sulla propria realtà, difficilmente comprenderà il valore dell’inclusione.

Indipendentemente dalla vostra opinione personale su quanto investire nell’accessibilità, a partire dal 28 giugno 2025 la questione sarà in parte obbligatoria: entrerà infatti in vigore la nuova normativa europea sull’accessibilità, il European Accessibility Act, che imporrà requisiti specifici per determinati prodotti e servizi. In molti casi, non ci sarà più possibilità di scelta: l’accessibilità dovrà essere implementata, volenti o nolenti.

Come abbiamo avuto modo di chiarire nell'articolo "European Accessibility Act: cosa cambia a giugno 2025", tra i prodotti e servizi interessati figurano i siti web. Tuttavia, l’elenco previsto dalla normativa è molto più ampio e include molte categorie generiche, il che lascia spazio a interpretazioni. In definitiva, si tratta di un ampio insieme di ambiti in cui qualcuno dovrà iniziare a occuparsi dell’accessibilità. Oltre ai siti web, vi rientrano anche le applicazioni mobili, gli ebook, i terminali self-service, i servizi digitali come l’e-commerce, i pagamenti online, e persino il settore dei trasporti.

L’European Accessibility Act (EAA) richiede una progettazione semplice ed efficace per tutti questi sistemi. Questo non influisce solo sull’accessibilità, ma migliora anche l’usabilità generale e la facilità con cui gli utenti possono ottenere informazioni dai servizi offerti.

Perché preoccuparsene? 

Perché dal 28 giugno 2025 l’EAA diventerà uno standard vincolante in tutta l’Unione Europea. Se stai sviluppando software o hardware che rientra nelle categorie previste e non rispettate la normativa, potresti incorrere in sanzioni. Questo dimostra che l’Unione Europea prende sul serio l’accessibilità. C’è chi potrebbe indignarsi per il fatto che questa sia diventata una prescrizione legale, ma esistono due risposte a tale perplessità.

Innanzitutto, il tema non è del tutto nuovo. Esistevano già obblighi relativi all’accessibilità, anche se finora si applicavano principalmente alle istituzioni pubbliche. Queste regolamentazioni sono ora semplicemente estese ad altri settori, includendo anche realtà private e commerciali.

Ciò che è triste è che servano norme e la minaccia di sanzioni per smuovere le coscienze. Non dovrebbe bastare la consapevolezza che sia la cosa giusta da fare? Evidentemente non è così, altrimenti l’EAA non sarebbe stato necessario. La seconda risposta riguarda la nostra percezione in tema di accessibilità.


Una questione di percezione errata

Il problema è che spesso si considera l’accessibilità come qualcosa che riguarda solo una piccola parte della popolazione, una minoranza che può essere facilmente ignorata. Ma questa è una visione sbagliata. Quando si parla di persone con disabilità, si pensa spesso solo agli estremi, ad esempio, a chi è completamente cieco, ignorando la vasta gamma di condizioni intermedie.

Nel nostro team, ad esempio, molti non vedono perfettamente senza occhiali o lenti. Ci sono poi persone in generale che non percepiscono i colori o la tridimensionalità. Ma questo vale anche per l’udito: con l’età, la capacità di percepire certe frequenze si riduce. Non si tratta solo di chi è completamente sordo, ma anche di chi non sente più come una volta e ciò può diventare un ostacolo serio se ci si affida a sistemi vocali. Tutte queste persone trarrebbero beneficio da un approccio più inclusivo.

Il discorso può essere esteso anche a chi, per un periodo, ha una disabilità temporanea, ad esempio chi si è rotto una mano e fatica a usare il mouse. Anche l’utilizzo del linguaggio semplice rientra nell’accessibilità. Sono tutti aspetti che ci toccano più di quanto pensiamo.

L'inversione della prospettiva

Per questo motivo, l’argomento secondo cui non ci sono abbastanza persone con disabilità per giustificare l’investimento nell’accessibilità è fuorviante. Forse è più corretto chiedersi quante poche persone non abbiano alcuna limitazione sensoriale. Quando progettiamo un sito web, non dovremmo dare per scontato che tutti i visitatori vedano e sentano perfettamente. Non sarebbe utile offrire, ad esempio, un tema con un contrasto maggiore o la possibilità di scegliere una diversa combinazione di colori?

E non sarebbe utile, per molti, offrire sottotitoli e trascrizioni per video e contenuti audio? Prima di dire che “nessuno ne ha bisogno”, pensa a quanto siano diffusi i sottotitoli nei video brevi su YouTube Shorts o Instagram Reels. Molti li guardano in situazioni in cui non possono usare le cuffie, come in autobus o in treno. Anche questo dimostra che in certi contesti un senso può supportarne un altro, quando quest’ultimo non può essere usato pienamente.

Dovremmo quindi sentirci moralmente obbligati a garantire l’inclusione, evitando di escludere le persone in modo superficiale o inconsapevole. Il primo passo non è nemmeno così complicato. Per i siti web, ad esempio, ha senso adottare un approccio basato su HTML semantico, utilizzando gli elementi corretti, header, footer, nav, main, article, per migliorare la struttura e l’accessibilità per gli screen reader. Non sarà perfetto, ma è un grande passo avanti.

Lo stesso discorso vale per gli attributi ARIA, disponibili da anni, che non solo aiutano gli screen reader, ma migliorano anche la comprensione del sito da parte dei motori di ricerca. Alla fine, tutto ruota intorno alla semantica. Accessibilità e ottimizzazione SEO non sono in contrasto, anzi, vanno di pari passo.


Conclusione

È necessario concentrarsi molto di più su accessibilità e inclusione. Le persone che non possono vedere o sentire perfettamente affrontano ostacoli significativi nel mondo digitale, molto più di quanto si immagini. E più la nostra vita si digitalizza, più diventa fondamentale assicurarsi che nessuno venga lasciato indietro.